Il Vangelo che Gesù ha proclamato fin dall’inizio, la lieta notizia, lui la consegna agli undici. Perché questa notizia di gioia sia per ogni creatura. Adesso che Gesù è vivo, dopo esser passato per la morte, il vangelo raggiunge una pienezza insperata e incredibile.
È vero, noi vediamo che subito prima i discepoli erano stati rimproverati per la loro mancanza di fede: magari Gesù avrebbe sperato qualcosa di più dai suoi amici… gli undici vanno rimproverati, devono essere scossi. Gesù vuol bene ai suoi amici, li aggredisce e li sgrida, ma per smuoverli.
Però Gesù deve anche operare con loro: a questo gruppo di persone, che rappresenta la Chiesa, che porta i segni della propria debolezza (sono rimasti in undici per il tradimento di uno di loro) e della fatica di credere, il Risorto affida il vangelo non come consolazione o bene personale ma dono da condividere: andate in tutto il mondo.
Gesù potrebbe anche aver detto: “Andate in tutto il mondo, anche senza che ve ne sentiate degni; andate, anche se non siete perfetti: l’esito non dipende da voi. Andate, consapevoli della sproporzione di quanto dovete dire o fare, ma non fermatevi qui. Andate, ad ogni creatura".
La Chiesa viene fondata quando le viene affidata la missione. L'evangelista Marco insiste sul fatto che parte integrante dell'incontro col Risorto è l'invio in missione: la missione è l'ondata di vita che si propaga dal sepolcro finalmente liberato dalla pietra che lo chiudeva. Dal Risorto esce una passione di vita che è la forza del Vangelo. La missione rappresenta il modo con cui la Chiesa si mantiene a disposizione di Dio e del suo Regno.
Ci sono dei segni ad accompagnare la missione, perché la buona notizia, per diffondersi, ha bisogno di condizioni buone. Il primo e vero prodigio avviene dove una comunità ascolta e crede nell'efficacia del vangelo. A questo segno, radicale, Gesù ne associa altri.
Devono essere scacciati i demoni. In Marco i demoni sono spiriti muti, sordi, che legano le persone, che le rubano a loro stesse. Ma ci sono anche serpenti, scorpioni e veleni, perché il male accompagna sempre l’avventura del cristiano. Il vangelo libera da quanto ci tiene stretti e ci confonde.
Lingue nuove devono anche essere parlate. Immagino le "lingue" come le parole credibili, che parlano al cuore. Un linguaggio chiaro, compassionevole, che sostenga, che dia fiducia.
E ci sono i malati, sui quali imporre le mani, perché anche loro, nel male, facciano esperienza del bene di Dio. Il vangelo corre, come possibilità buona.
Prima Gesù era visto, ascoltato, toccato, salutato … adesso cosa vediamo? Vediamo tanto altro che parla di lui: la comunità che crede, che prega, che ama, che educa; vediamo i segni del pane, del vino, dell’olio; vediamo famiglie e ragazzi, giovani e anziani; vediamo gente che si prende cura dei figli degli altri e gente che si preoccupa tutti i giorni di fare più bello questo mondo e questo tempo; vediamo i gesti buoni di chi si impegna, uniti – certo – al tanto male che sempre riempie i giorni di tutti e che dovremmo impegnarci a tenere distante. Questo è il corpo di Gesù che noi edifichiamo e che tutti possono vedere. In tanti ci hanno provato nel tempo: san Biagio, tanti altri prima e tanti altri dopo. Il Vangelo possibile.
Il testo di Marco chiude con il ritorno di Gesù al cielo: guardiamo il cielo, alziamo la nostra invocazione al cielo, e attendiamo ci giungano la benevolenza e il sorriso di Dio. Poi ripartiamo, sereni, contenti, sicuri, perché c’è tanto da fare e da mettere in piedi. “Di me sarete testimoni”. “La speranza non delude”: Dio ci abita dentro.
don Giuliano Zatti
vicario generale della Diocesi