Febbraio 4, 2024

Festa di San Biagio | Omelia di don Giuliano Z.

Il Vangelo che Gesù ha proclamato fin dall’inizio, la lieta notizia, lui la consegna agli undici. Perché questa notizia di gioia sia per ogni creatura. Adesso che Gesù è vivo, dopo esser passato per la morte, il vangelo raggiunge una pienezza insperata e incredibile.

È vero, noi vediamo che subito prima i discepoli erano stati rimproverati per la loro mancanza di fede: magari Gesù avrebbe sperato qualcosa di più dai suoi amici… gli undici vanno rimproverati, devono essere scossi. Gesù vuol bene ai suoi amici, li aggredisce e li sgrida, ma per smuoverli.

Però Gesù deve anche operare con loro: a questo gruppo di persone, che rappresenta la Chiesa, che porta i segni della propria debolezza (sono rimasti in undici per il tradimento di uno di loro) e della fatica di credere, il Risorto affida il vangelo non come consolazione o bene personale ma dono da condividere: andate in tutto il mondo.

Gesù potrebbe anche aver detto: “Andate in tutto il mondo, anche senza che ve ne sentiate degni; andate, anche se non siete perfetti: l’esito non dipende da voi. Andate, consapevoli della sproporzione di quanto dovete dire o fare, ma non fermatevi qui. Andate, ad ogni creatura".

La Chiesa viene fondata quando le viene affidata la missione. L'evangelista Marco insiste sul fatto che parte integrante dell'incontro col Risorto è l'invio in missione: la missione è l'ondata di vita che si propaga dal sepolcro finalmente liberato dalla pietra che lo chiudeva. Dal Risorto esce una passione di vita che è la forza del Vangelo. La missione rappresenta il modo con cui la Chiesa si mantiene a disposizione di Dio e del suo Regno.

Ci sono dei segni ad accompagnare la missione, perché la buona notizia, per diffondersi, ha bisogno di condizioni buone. Il primo e vero prodigio avviene dove una comunità ascolta e crede nell'efficacia del vangelo. A questo segno, radicale, Gesù ne associa altri.

Devono essere scacciati i demoni. In Marco i demoni sono spiriti muti, sordi, che legano le persone, che le rubano a loro stesse. Ma ci sono anche serpenti, scorpioni e veleni, perché il male accompagna sempre l’avventura del cristiano. Il vangelo libera da quanto ci tiene stretti e ci confonde.

Lingue nuove devono anche essere parlate. Immagino le "lingue" come le parole credibili, che parlano al cuore. Un linguaggio chiaro, compassionevole, che sostenga, che dia fiducia.

E ci sono i malati, sui quali imporre le mani, perché anche loro, nel male, facciano esperienza del bene di Dio. Il vangelo corre, come possibilità buona.

Prima Gesù era visto, ascoltato, toccato, salutato … adesso cosa vediamo? Vediamo tanto altro che parla di lui: la comunità che crede, che prega, che ama, che educa; vediamo i segni del pane, del vino, dell’olio; vediamo famiglie e ragazzi, giovani e anziani; vediamo gente che si prende cura dei figli degli altri e gente che si preoccupa tutti i giorni di fare più bello questo mondo e questo tempo; vediamo i gesti buoni di chi si impegna, uniti – certo – al tanto male che sempre riempie i giorni di tutti e che dovremmo impegnarci a tenere distante. Questo è il corpo di Gesù che noi edifichiamo e che tutti possono vedere. In tanti ci hanno provato nel tempo: san Biagio, tanti altri prima e tanti altri dopo. Il Vangelo possibile.

Il testo di Marco chiude con il ritorno di Gesù al cielo: guardiamo il cielo, alziamo la nostra invocazione al cielo, e attendiamo ci giungano la benevolenza e il sorriso di Dio. Poi ripartiamo, sereni, contenti, sicuri, perché c’è tanto da fare e da mettere in piedi. “Di me sarete testimoni”. “La speranza non delude”: Dio ci abita dentro.

don Giuliano Zatti

vicario generale della Diocesi

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