“A ciascun giorno basta la sua pena” , ecco una delle frasi evangeliche divenute addirittura proverbiali. Quanta sapienza e maestria ispira Gesù spiazzando il nostro ego, rispetto all’eccessiva preoccupazione per il tempo presente e a quello che verrà. È come se dicesse, usando un’immagine: “a chi sei aggrappato? Ti stai veramente fidando di me? Come affronti le asperità della vita?”.
È altrettanto destabilizzante, per la nostra mente, Gesù che dorme sulla barca nel bel mezzo di una tempesta. Come fa a rimanere così calmo come se il caso non fosse suo?
Immagina di essere in mezzo alla folla, ad un certo punto, in lontananza, senti una voce gridare il nome di qualcuno. Avverti le grida, ma non ti scomponi più di tanto, perché non sta chiamando te e ovviamente torni a fare quello che stavi facendo.
Gesù non “sente” la voce della tempesta, semplicemente, perché non sta “chiamando lui”. Il Maestro è perfettamente in asse e non ha bisogno di “scossoni” per ritornare ad esserlo. È in uno stato interiore di perfetto abbandono fiducioso e nulla, assolutamente, lo turba.
Il cuore dell’essere umano, paradossalmente, “implora tempeste” per svegliarsi dal sonno dello spirito ma la sua mente e il suo ego non riconoscono il trauma-tempesta come una “benedizione” celeste, bensì come una “punizione” divina. Perché accade questo? L’uomo, sedotto dal “serpente antico” nell’Eden entrò in rivolta con Dio perdendo la fiducia in se stesso e soprattutto nell’Altissimo, cercando in tutti i modi di mettersi al suo posto pensando di essere Dio. Da quel giorno, NO dopo NO, rifiuto dopo rifiuto, l’uomo divenne schiavo dell’ambizione e prigioniero dei tanti attaccamenti umani. I traumi-tempeste schiodano lo spirito dell’uomo da tutto ciò che impedisce l’evoluzione e la libertà.
Benedetta tempesta che vieni a smuovere i nostri immobilismi, ispiraci a ritornare a quel SI interiore, di abbandono fiducioso per ritrovare l’armonia e la pace del cuore.
don Mauro