Perché si fanno celebrare le S. Messe per i defunti?

Nell’Antico Testamento si parla della preghiera accompagnata dall’offerta di sacrifici per i defunti, affinché “siano assolti dai loro peccati”. L’episodio è tratto dal Secondo Libro dei Maccabei (12,45), dove si narra di soldati caduti in battaglia tra i cui abiti furono trovati oggetti rubati. Fin dagli inizi, la Chiesa ha sempre incoraggiato la preghiera in suffragio dei defunti, quale segno di fede e di amore che continua a legarci a coloro che ci hanno preceduto. Sant’Agostino, nelle Confessioni – la sua celebre autobiografia – ricorda le parole della madre, Santa Monica, poco prima di morire: “Seppellite pure questo mio corpo dove volete, senza darvi pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, dinanzi all’altare del Signore” (Confessioni, 9,11,27). Era il 27 agosto del 387, nei primi secoli dell’era cristiana. Queste parole esprimono la profonda consapevolezza che, se Dio è amore e in Lui viviamo un legame d’amore, allora anche dopo la morte l’anima rimane avvolta nella luce della vita eterna. E noi stessi, davanti a quella luce, desideriamo essere purificati, se necessario. La forma più alta ed efficace di preghiera per i defunti è la Santa Messa, nella quale Cristo, unico Mediatore, intercede presso il Padre per i vivi e per i morti. Egli, che ha affrontato e vinto la morte, è il Vivente: ha preso su di sé i peccati di tutti gli uomini, di ogni tempo. Ogni Santa Messa è il rinnovarsi della Pasqua di Morte e Risurrezione di Gesù Cristo. In essa, spiritualmente, ci uniamo ai nostri cari, vivi o defunti, nel mistero dell’amore di Dio. L’offerta data per la celebrazione della Santa Messa è infine un segno concreto di gratitudine e di carità cristiana: contribuisce al sostentamento dei sacerdoti, alle opere della comunità e all’aiuto dei poveri, sempre a beneficio anche delle anime dei defunti.

L’indulgenza è la remissione, dinanzi a Dio, della pena temporale per i peccati già perdonati quanto alla colpa. Ogni peccato infatti ha una duplice conseguenza: genera una colpa e comporta una pena. Mentre la colpa – intesa come la rottura dell’amicizia con Dio – viene cancellata mediante la Confessione, la pena rimane come conseguenza del peccato stesso. Si può paragonare il peccato a una ferita che, anche se curata, può riaprirsi nello stesso punto e non rimarginarsi del tutto. È facile, quindi, che prima della morte non si raggiunga la piena purificazione.

Oltre che per noi stessi, possiamo “acquistare” le indulgenze per i defunti, aiutandoli a raggiungere più rapidamente Dio. Questo avviene, ad esempio, visitando una chiesa e pregando il Padre Nostro, il Credo, unendo a tali gesti la Confessione, la Comunione Eucaristica e la preghiera secondo le intenzioni del Papa. Queste azioni possono essere compiute nei giorni precedenti o successivi al 2 novembre. In particolare, chi visita il cimitero e prega per i defunti dal 2 al 9 novembre può ottenere, una volta al giorno, l’indulgenza plenaria per i propri cari che ci hanno preceduto nella fede.

(avvenire.it)

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