ORDO VIRGINUM, CARISMA ANTICO E NUOVO

Il prossimo 21 aprile nella cattedrale di Padova Erika Franzon, originaria della parrocchia di San Clemente a Centrale, sarà consacrata al Signore dal vescovo Claudio secondo il

Rito dell’Ordo Virginum

Conosciamo meglio questa bella realtà della Chiesa

L’Ordo Virginum non è un “ordine” come siamo soliti pensare.

Quando parliamo di Ordo Virginum è più semplice partire delimitando cosa non è. Nell’immaginario comune, del resto, la vita consacrata femminile corrisponde principalmente alla vita religiosa: un fondatore, un abito, una comunità, una missione specifica delineata dalle costituzioni e una vita tendenzialmente un po’ separata da quella della gente comune.

Questo è ciò a cui siamo abituati dopo secoli di storia. Per lungo tempo, infatti, le donne chiamate ad una donazione totale a Cristo convergevano nei monasteri, nelle congregazioni religiose o, più recentemente, negli istituti secolari.

Eppure, è proprio l’Ordo Virginum la prima forma di vita consacrata femminile, risalente ai tempi degli Apostoli.

Il Signore Gesù, Risorto e vivo nella Chiesa nascente, ha suscitato fin da subito nei cuori di alcuni battezzati – sia uomini sia donne – il desiderio di abbracciare uno stato di vita inconcepibile per la cultura dell’epoca: la verginità per il Regno dei Cieli. Nel caso specifico delle donne, che non avevano alcun rilievo sociale ed erano spesso destinate a matrimoni combinati, la chiamata alla verginità per amore di Cristo portava queste giovani in età da marito a chiedere ai propri vescovi di essere dichiarate pubblicamente Spose di Cristo, proprio per non essere costrette ad una scelta che non rispecchiava la propria vocazione.

Dai primi tre secoli, quindi, ci giungono numerose testimonianze di vergini consacrate che hanno subìto il martirio. A noi padovani è particolarmente cara santa Giustina, ma certamente non ci sono meno noti i nomi di altre vergini martiri come santa Lucia, sant’Agata, santa Cecilia, sant’Agnese. In quell’epoca, i Padri della Chiesa (sant’Ambrogio, sant’Agostino, san Cipriano ed altri) attestano la presenza di un Ordo virginum, cioè una categoria strutturante il tessuto sociale e liturgico della Chiesa. La verginità era praticata da un numero crescente di donne e costituiva una sfida per il mondo pagano dell’epoca, provocandolo alla conversione.

A partire dal IV secolo venne composto un Rito di consacrazione delle vergini, la cui celebrazione era riservata ai vescovi. Agli inizi presentava due momenti fondamentali: la preghiera di consacrazione e la velatio, un gesto caratteristico del matrimonio antico che sottolineava la dimensione spirituale della verginità cristiana in rapporto a Cristo-Sposo.

Le vergini consacrate continuavano a vivere nelle proprie famiglie o si aggregavano in piccoli gruppi, in una condizione di vita simile a quella di tutti gli altri battezzati del loro tempo.

Le evoluzioni storiche, culturali e sociali dei secoli successivi portarono tuttavia alla progressiva scomparsa di questa forma di vita. Con la nascita del monachesimo, infatti, le donne iniziarono a confluire nei monasteri. Il Rito di consacrazione delle vergini, nella sua peculiarità originaria, cadde in disuso. Venne celebrato ancora per qualche tempo presso alcuni ordini claustrali femminili, ma poi venne gradualmente abbandonato anche in quel contesto.

La “nuova Pentecoste” del Concilio Vaticano II (1962-1965), riportò l’attenzione anche sull’antico Rito di consacrazione delle vergini. Riconosciamo nelle parole di San Paolo VI l’intuizione profetica che suggerì la revisione del Rito:«Se per la devozione ad un santo nasce una famiglia religiosa, che cosa non può nascere dalla devozione alla stessa madre dei santi che è la Chiesa? Se invece di andare a nutrirmi dei ruscelli derivati, vado al fiume regale della Chiesa, nel pieno della corrente, cosa non ne deriverà? Se faccio della Chiesa maestra e madre la mia sorgente, la mia regola, la mia vita, il mio spirito, la mia gioia, il mio entusiasmo, che cosa non sarà possibile?».

Nel 1970 il Rito di consacrazione delle vergini venne promulgato e presentato alla Chiesa universale. Da allora, assistiamo alla rifioritura dell’Ordo Virginum nella sua fisionomia originaria, caratterizzata cioè da un amore sponsale per Cristo, vissuto nel radicamento nella Chiesa diocesana e nel contesto ordinario della vita comune.

Oltre al Rito stesso, la Chiesa riconosce questa forma di vita consacrata anche attraverso il Codice di Diritto Canonico e il Catechismo della Chiesa Cattolica, in cui è delineato il profilo spirituale della vergine consacrata: 923. Emettendo il santo proposito di seguire Cristo più da vicino, [le vergini] dal Vescovo diocesano sono consacrate a Dio secondo il rito liturgico approvato e, unite in mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio, si dedicano al servizio della Chiesa. Mediante questo rito solenne (Consacratio virginum), «la vergine è costituita persona consacrata» quale «segno trascendente dell’amore della Chiesa verso Cristo, immagine escatologica della Sposa celeste e della vita futura».

(-continua -)

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