«Lasciate che i bambini vengano a me
perché a chi è come loro appartiene al Regno dei Cieli» (Mc 10,13-16) «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me». (Mc 9,36-37)
Noi adulti abbiamo a che fare con i bambini: nella famiglia, nella scuola, nella parrocchia e nella società. Anche noi lo siamo stati e siamo cresciuti con la nostalgia della nostra infanzia e degli avvenimenti che l’ha contraddistinta.
Quando incontriamo i più piccoli ci pervade immediatamente la simpatia, la voglia di entrare nel loro mondo per scoprire la semplicità, l’immediatezza, la spontaneità e l’ingenuità. Quando si entra nel loro mondo si scopre la bellezza della vita ancora incontaminata dal male e noi adulti ci dimentichiamo per un attimo i nostri problemi per lasciarci trasportare dai loro discorsi e iniziative. Sicuramente l’esperienza lascia un segno profondo nel nostro cuore che ci obbliga a fermarci e a pensare con nostalgia che il mondo potrebbe trasformarsi in qualcosa di buono se ritornassimo alle origini del nostro vivere.
Gesù ha pensato ai bambini per parlarci di Croce, servizio e “ultimi”. Gli apostoli non avevano ancora capito che la missione del loro Maestro si sarebbe compiuta nella morte e risurrezione passando attraverso il “servizio” della Croce. Gesù si è reso grande proprio attraverso di essa. I due ladroni si sono trovati alla destra e alla sinistra del Crocifisso non per onore ma perché hanno sbagliato e uno solo si è redento all’ultimo istante. Stare alla destra o alla sinistra di Gesù, come ha chiesto la mamma di Giacomo e Giovanni di Zebedeo, non è un qualcosa di automatico nel Regno di Dio, ma è per chi abbraccia la Croce di Gesù fino in fondo.
Gli apostoli non avevano compreso che Gesù si è posto a servizio della volontà del Padre contro il mondo che esalta la supremazia e il primato del più forte e del più furbo. La tentazione del potere è sempre in agguato dentro e fuori la Chiesa e questo crea scandalo tra i cristiani e nel mondo.
Abbiamo bisogno di ritornare a quella freschezza e semplicità “da fanciulli” per rimettere in discussione il nostro pensare e agire di cristiani adulti nella fede. Anche il Sinodo diocesano ci sta aiutando a capire che il nostro modo di vivere da laici non è questione di un prestigio sociale, di posti privilegiati, ma la capacità di discernimento che nella Chiesa c’è posto per tutti senza rivendicazioni sociali. Abbiamo bisogno di laici preparati che in nome di Cristo Crocifisso Risorto lavorino per il bene della Chiesa nei vari ambiti della liturgia, della catechesi, della carità e nel sociale con spirito di vera abnegazione come viveva la prima comunità apostolica. Il cammino intrapreso non sarà facile ma lo Spirito Santo sa dove soffiare per il bene dell’umanità. Lo preghiamo soprattutto perché susciti nella chiesa degni servitori della Croce senza trionfalismi, giovani capaci di servire e non di essere serviti, che osano cambiare in positivo i volti stanchi e tristi delle nostre comunità cristiane. Noi adulti dobbiamo avere il coraggio di fidarci delle giovani generazioni accompagnandoli con la nostra preghiera e il buon esempio. Il cammino non sarà facile ma la sapienza degli adulti messa insieme alla spontaneità dei giovani può portare a risultati positivi.
A cura di don Lorenzo Trevisan, 40 anni di ministero, parroco di Merlara e Minotte assieme a un giovane in discernimento vocazionale